Due chiacchiere con Mauro Negroni, artigiano delle lame

22 Agosto 2024
coltelli negroni

Pubblichiamo integralmente l'intervista fatta a Mauro Negroni, artigiano dei coltelli.

Mauro Negroni e l'arte dei coltelli, quando e come nasce questa passione?
La passione per le lame parte da molto lontano, certamente aver conosciuto coltellinai già nella mia città di origine (Bologna), sia alle mostre che in qualche laboratorio,  mi ha spinto ai primi esperimenti nei primi anni Duemila; l’approdo definitivo in Sardegna nel 2012 mi ha dato poi l’ispirazione ed il coraggio di farne un mestiere  a tutti gli effetti.   Credo poi che in ognuno di noi le virtù, le tendenze, le abilità etc. -ma invero anche i difetti- siano retaggio di qualcosa di cui portiamo memoria nel DNA ma non nella coscienza, ragion per cui ognuno nasce con una dote che, se coltivata, da risultati apprezzabili.

Quello del coltellinaio è un mestiere raffinato, affascinante e ricco di poesia, che cosa significa essere coltellinaio, e soprattutto che cosa significa esserlo in Sardegna?
Confrontarsi con una realtà fortemente carica di identità e di tradizione come quella sarda significa da un lato  avere un prospero pozzo da cui attingere ispirazione, dall’altro sapersi caratterizzare e rinnovare obbligatoriamente. Per queste ragioni quando approccio un coltello di fattura in stile sardo, pongo la mia firma ben riconoscibile, e non mi riferisco al punzone in sé, piuttosto a forme e dettagli che mi caratterizzano, che rendono la mia interpretazione di mozzetta e pattaddese riconducibili a me alla prima occhiata, senza stravolgere i canoni-guida principali. 
Più genericamente parlando, e spostando il focus dalla Sardegna, portare avanti un mestiere così antico, riconduce a qualcosa di primigenio, l’immagine di coltello tuttofare e come elemento di necessità è imprescindibile anche in tempi così sviluppati dal punto di vista tecnico. L’idea del coltello utile e non puramente decorativo è per me fondamentale, tant’è, ad esempio, che le lame da cucina, per professionisti e amatori, tra le mie creazioni sono una discreta maggioranza.

Quando si parla del mestiere del coltellinaio la mente, come di riflesso, corre a Pattada e a Guspini, le scuole più rinomate del mestiere. Nonostante questo pensiero associativo collettivo la produzione dei coltelli artigianali di qualità non sia assolutamente legata a località precise. Lei ha una storia particolare: origini bolognesi, da più di dieci anni vive in Sardegna, sembra quindi essere l’esempio perfetto di ciò che stiamo affermando. A questo punto ci chiediamo: Negroni artigiano e artista del coltello come vive questo pensiero associativo?

Io stesso mi ritrovo in questo pensiero associativo verso la grande coltelleria di Pattada e della Sardegna in generale, da cui traggo ispirazione. Il coltello sardo conserva il velo di magia e mistero che caratterizzano l’Isola, ha qualcosa di unico sia per la sua versatilità che per finiture estetiche: un tascabile molto duttile e dall’eleganza sobria, ha elementi costruttivi essenziali lavorati con maestria che fanno convivere materia primordiale come il corno a finiture e linee ricercate.
Mi ispiro a tutto questo e ne resto affascinato. Ma condivido anche la vostra affermazione sul fatto che il valore di queste – ed altre – opere artigianali sia riscontrabile ovunque nel mondo, e credo che le peculiarità di ogni regione italiana, così come di ogni tradizione a livello internazionale, siano proprio il valore in più che si aggiunge alla capacità costruttiva dell’artigiano e alla qualità formale del prodotto finale. Al riguardo le antiche tecniche giapponesi di lavorazione delle lame, che riflettono rituali e addirittura concezioni filosofiche molto peculiari di questo Paese sono emblematiche; a queste tecniche mi ispiro nell’ideazione e nella costruzione dei miei coltelli da cucina, fondendo insieme le mie conoscenze sul coltello sardo e su altre tradizioni regionali e del Nord Europa. 

Tecnica e gusto sono due costanti che accompagnano da sempre i mastri coltellinai di Sardegna. Le sue realizzazioni hanno una forte personalità: qual è la sua fonte di ispirazione e chi è il suo maestro coltellinaio di riferimento?
La fonte di ispirazione credo debba essere sempre la propria interiorità, intesa sia come sfera emotiva/creativa che di gusto personale.
Come maestri di riferimento, a prescindere dai grandi nomi internazionali,  devo dire che la Sardegna mi ha offerto molta generosità e accoglienza in questo senso: ho visitato numerosi maestri coltellinai nei loro laboratori, artigiani anche di altissimo livello, e la loro condivisione è stata esemplare e di grande crescita per me. Dovendone nominare uno, indubbiamente direi Giuseppe Galante "Su Fusteri", un vero amico.

Quali sono i materiali che predilige per realizzare i suoi coltelli?
Sulle tipologie sarde quelli tradizionali, come montone e muflone per le manicature, anche se di tanto in tanto amo sperimentare con legni. Su quelli da cucina i legni esotici sono di grande effetto e li uso volentieri, ma prediligo l’ulivo che, oltre essere una essenza nostrana, è molto valido sia esteticamente che funzionalmente. Come acciai prediligo l’inossidabile N690, un acciaio che non delude, e parlo avendo alle spalle una discreta esperienza con professionisti della cucina, in Italia e all’estero. Amo molto i carboniosi (K720), quelli che ossidano per intenderci, ma gli inox ormai hanno abituato le persone in quella direzione al 90% dei casi.
Quando il budget lo permette lavoro materiali più rari, come acciaio damasco, titanio, dente fossile di mammut, etc., che amo molto in quanto cerco un approccio meditativo, Zen, sul lavoro come nella vita in generale.

Ogni coltello, si sa, è un'opera d'arte unica. Tra le sue produzioni c'è un coltello a cui tiene in modo particolare? Se la risposta è sì, perché?
Lo slicer da tonno, chiamato tuna-katana. Ci ho lavorato moltissimo, sempre alla ricerca di dettagli costruttivi e delle linee. È una lama intorno ai 35/40cm di tagliente di non facile realizzazione. Lo ritengo, supportato dalle numerose conferme dei committenti,  un coltello ben riuscito sia per funzionalità che per design. Mi caratterizza e rappresenta, e non siamo che una manciata di persone, in Italia, a realizzarlo.
Poi naturalmente la mozzetta e la leggendaria pattadese, ogni corno è unico e finché non lo hai finito non sai esattamente come si presenterà, ogni volta è una sfida con sé  stessi. Posso ragionevolmente dire che l’aver osservato queste tipologie qui è stato uno dei maggiori stimoli a costruire coltelli fin dai miei esordi. 

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