Sinistra e autodeterminazione, nasce il "secondo polo"
Rifondazione Comunista, Potere al Popolo, ProgReS, Partito Comunista Italiano, iRS e RossoMori. Sono queste le sigle che stanno promuovendo «un’alternativa unitaria e antagonista al cartello di partiti oggi presenti in Consiglio regionale».
Il “secondo polo”, così come lo chiamano le stesse forze coinvolte partendo da valori comuni quali l’antiliberismo, l’autodeterminazione, l’antifascismo, il pacifismo, l’antimperialismo, il femminismo intersezionale, l’anticolonialismo, e l’ambientalismo.
«Malgrado l’ostacolo posto da una legge elettorale che riteniamo vada prontamente riformata in senso più rappresentativo – spiegano –, intendiamo promuovere un progetto di lotta e di proposta politica unitario, aperto e inclusivo, con l’auspicio che in questo percorso si uniscano a noi tutte quelle soggettività civiche e politiche che intendono superare l’attuale situazione di dissesto sociale ed economico della Sardegna; con un’indicazione molto chiara: il rifiuto di ogni forma di compromesso con la coalizione di poteri storicamente responsabile di tale dissesto».
Questi i punti in piattaforma: l’introduzione di un «salario minimo garantito per lavoratrici e lavoratori, e di un reddito universale di base per le disoccupate e i disoccupati»; l’affermazione e la pratica del «principio di autodeterminazione del Popolo sardo sulle scelte di governo della Sardegna, con il ritorno alla gestione pubblica e democratica dei beni comuni e il rafforzamento dello stato sociale, dalla sanità ai trasporti, con un particolare impegno nella difesa di una scuola pubblica, laica e gratuita che sia argine alla dispersione scolastica e allo spopolamento, e valorizzi ogni espressione culturale, storica e linguistica del Popolo sardo»; la dismissione immediata «di tutti gli insediamenti militari, a qualsiasi fine destinati» e lo «smantellamento dell’industria bellica»; lo stop «senza appello ai progetti criminali di saccheggio energetico da parte delle multinazionali del solare e dell’eolico: che la parola, su questi temi, torni alle 377 comunità di sarde e sardi che vivono nei territori».
«La strada per il riscatto del Popolo sardo – affermano – è ancora lunga, ma chi da sempre lotta per la tutela dei beni comuni, l’autodeterminazione del Popolo sardo, e per il superamento del rapporto di subalternità allo Stato centrale ha oggi aperto un cammino di partecipazione e lotta per l’emancipazione delle classi popolari e lavoratrici».