Caso Bellomonte. Dall'accusa una melodia stonata e fuori tempo
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(IlMinuto) – Cagliari, 30 giugno – “Ogni aeromodello può essere zavorrato e taluni possono portare anche alcuni chilogrammi di peso”. Sono le considerazioni – riportate nei giorni scorsi dalla Nuova Sardegna - di un commesso di un negozio romano di aeromodelli. Parole, raccolte il 26 marzo 2012, che secondo la Procura potrebbero consentire di rovesciare la sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste” che nel novembre 2011 ha restituito la libertà a Bruno Bellomonte, dopo 29 mesi di carcerazione preventiva. Il militante di a Manca pro s’Indipendentzia era stato accusato – senza prove - di avere partecipato a un tentativo di ricostruzione del brigatismo rosso in vista del G8 della Maddalena nel 2009, con l’obiettivo di assaltare gli otto grandi con modellini radiocomandati. Ora la pubblica accusa non si limita a chiedere nuovamente, in fase di appello, la condanna per Bruno Bellomonte, ma propone alla Corte d’assise d’Appello la “rinnovazione” parziale del dibattimento con la nuova testimonianza. Le parole del commesso sarebbero cioè in grado di dimostrare che con un aeromodello telecomandato sarebbe stato possibile bombardare gli edifici sede del G8 a La Maddalena. E di certo queste considerazioni sono bastate al quotidiano di Sassari per titolare - come se niente fosse successo in questi anni - “Un aeromodello per bombardare il G8”. Ma ancora una volta è evidente il pressapochismo con cui è stata condotta questa caccia alle streghe. Le nuove note tracciate sullo spartito della pubblica accusa compongono infatti una melodia stonata e soprattutto fuori tempo.La pubblica accusa si preoccupa solo ora – e non prima di sbattere in galera Bruno Bellomonte, Luigi Fallico (morto in una cella del carcere di Viterbo il 23 maggio 2011, senza essere ricoverato nonostante avesse da almeno sei giorni – 144 ore – i sintomi dell’infarto) e gli altri - di verificare la fattibilità tecnica dell’eventuale assalto ai "grandi della Terra". “La Polizia – scrisse infatti qualche mese prima della sentenza di assoluzione la Nuova Sardegna - si è limitata ad assumere informazioni sulle potenzialità di un modellino telecomandato in un negozio specializzato, senza specificare il nome del titolare e soprattutto senza alcun conforto tecnico sulla fattibilità di un’operazione del genere”. Ma in effetti non risulta che la questione della eventuale – molto dubbia - fattibilità tecnica dell’operazione sia mai stata uno dei cavalli di battaglia dei difensori di Bellomonte e Fallico. La difesa infatti disponeva di carte ben più forti. Si pensi che di questi dannati modellini di aereo – modificati o meno - non è mai stata trovata traccia. Si pensi che Il presunto capo delle nuove Br Luigi Fallico – nella intercettazione ambientale della chiacchierata registrata nella trattoria romana la Suburra del dicembre 2008 – aveva confidato a Bellomonte i suoi progetti per le vacanze estive 2009: passare ben tre mesi a Cuba. E’ credibile pensare che il presunto capo di una presunta organizzazione terroristica – niente di meno che le nuove Br - che punta a colpire i capi di stato delle principali potenze capitalistiche mondiali riuniti in Sardegna nel luglio 2009 con aeromodellini radiocomandati decida di programmare nello stesso mese una lunga vacanza all’estero? Eppure l’accusa decide di andare avanti sulla stessa linea, nell’evidente tentativo di arrampicarsi sugli specchi. Nulla di solido si aggiunge infatti agli elementi inconsistenti presentati dalla accusa a carico del dirigente di aMpI in apertura del processo: frequenti viaggi a Roma (!), la confusa intercettazione della conversazione con Luigi Fallico alla Suburra e un numero di telefono di Fallico in un calzino. Per capire le ragioni di questo accanimento, di questo maccartismo in salsa tricolore, occorre una chiave di lettura politica. Di questo è profondamente convinto Bruno Bellomonte. “Per quanto riguarda chi abbia architettato questo processo – ha dichiarato l'esponente di aMpI al Minuto in un’intervista rilasciata nel dicembre 2011 - non c’è un unico responsabile o particolari soggetti, ma complessivamente è un’azione di repressione orchestrata, avente come obiettivo quello di colpire, annientare tutti coloro e tutto ciò che non è conforme agli interessi del potere costituito, e nel caso della Sardigna tutti quelli che non smettono di lottare per la sua indipendenza e sovranità. Nel caso di noi Sardi, la repressione ha un carattere coloniale, per la sua natura di oppressione e di sottomissione attraverso cui lo stato italiano continua a gestire il suo rapporto di colonizzatore in termini economici, politici, sociali, linguistici, culturali nei confronti della nostra terra”.
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