Caso Bellomonte: a sette giorni lo sciopero della fame, a Manca corsa: “Nessuno resti indifferente a questa ingiustizia”
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(IlMinuto) – Cagliari, 18 giugno – Sette giorni. Ha raggiunto una settimana lo sciopero della fame a staffetta per chiedere la liberazione immediata di Bruno Bellomonte, il dirigente di a Manca pro s’Indipendentzia detenuto ingiustamente da ormai più di due anni nelle carceri italiane. Oggi si astengono dal cibo Salvatore Drago, Maurizio Esu e Martino Orrù (al secondo giorno di sciopero). Nei giorni scorsi hanno partecipato all'iniziativa una decina di persone, con Matteo Curridori che non ha mangiato per sei giorni consecutivi. Ma sfogliamo il calendario e ritorniamo al 2009. Bellomonte, ferroviere di Trenitalia, sindacalista e dirigente di aMpI è stato arrestato il 10 giugno di due anni fa con l’accusa di avere preso parte insieme a sette persone a un tentativo di riorganizzazione del brigatismo rosso in occasione del G8 della Maddalena, vertice spostato all’Aquila dopo il terremoto. Secondo il castello di carta delle accuse, Bellomonte avrebbe contribuito alla progettazione di un attentato ai “grandi della terra” con modellini aerei radiocomandati.
Un teorema - come ha spiegato il pm nell’udienza di apertura del processo, il 16 settembre 2010 nel Tribunale di piazzale Clodio a Roma – fondato su tre deboli elementi: il numero di telefono del presunto leader della nuove Br Luigi Fallico in un calzino; frequenti viaggi a Roma; una intercettazione ambientale di una conversazione con lo stesso Fallico nel ristorante romano la Suburra, intercettazione ritenuta in gran parte “indecifrabile” dal perito incaricato dalla Corte d’Assise.
I modellini radiocomandati? Le ricerche nelle abitazioni degli accusati non hanno dato alcun risultato. Esiste una relazione tecnica sul possibile uso di questi inesistenti aerei radiocomandati? “La Polizia – scrive il giornalista della Nuova Sardegna Mauro Lissia in un articolo pubblicato il 24 maggio – si era limitata ad assumere informazioni sulle potenzialità di un modellino telecomandato in un negozio specializzato, senza specificare il nome del titolare e soprattutto senza alcun conforto tecnico sulla fattibilità di un’operazione del genere”.
Nel frattempo, Luigi Fallico - incensurato ma diffamato in ogni modo dalla stampa che si è occupata del caso - è morto in una cella del carcere di Viterbo il 23 maggio, senza essere ricoverato nonostante avesse da almeno sei giorni – 144 ore - i sintomi dell’infarto. Un episodio che la consigliera regionale indipendentista Claudia Zuncheddu non ha esitato a definire “omicidio di stato”.
Intanto Bruno Bellomonte continua ad essere privato della libertà, in regime di massima sicurezza da più di 24 mesi. La richiesta di scarcerazione presentata il 19 maggio dai legali è stata rifiutata.
Attorno al dirigente di a Manca pro s’Indipendentzia si è creato da tempo un movimento di solidarietà, che cresce ed è andato oltre i confini della sua organizzazione politica e della rete delle amicizie. Il combattivo corteo organizzato sabato scorso da aMpI a Sassari ha registrato l’adesione di gran parte dell’arcipelago indipendentista (Paris, Sni, ProgRes) e della sinistra anticapitalista (Pcl, Sinistra Critica Sarda, Rifondazione comunista). Forte anche la solidarietà dell’organizzazione “sorella” di aMpI in Corsica, a Manca Naziunale (nel maggio scorso entrambe le formazioni politiche erano state invitate all’incontro della sinistra mediterranea organizzato dal Nuovo partito anticapitalista francese a Marsiglia, ndr).
“Bellomonte – scrive Desideriu Ramelet-Stuar di a Manca naziunale – continua ad essere ostaggio dello stato italiano […].L'ingiustizia fatta a Bruno non deve lasciare indifferente nessuno, in Corsica e altrove”.
Un teorema - come ha spiegato il pm nell’udienza di apertura del processo, il 16 settembre 2010 nel Tribunale di piazzale Clodio a Roma – fondato su tre deboli elementi: il numero di telefono del presunto leader della nuove Br Luigi Fallico in un calzino; frequenti viaggi a Roma; una intercettazione ambientale di una conversazione con lo stesso Fallico nel ristorante romano la Suburra, intercettazione ritenuta in gran parte “indecifrabile” dal perito incaricato dalla Corte d’Assise.
I modellini radiocomandati? Le ricerche nelle abitazioni degli accusati non hanno dato alcun risultato. Esiste una relazione tecnica sul possibile uso di questi inesistenti aerei radiocomandati? “La Polizia – scrive il giornalista della Nuova Sardegna Mauro Lissia in un articolo pubblicato il 24 maggio – si era limitata ad assumere informazioni sulle potenzialità di un modellino telecomandato in un negozio specializzato, senza specificare il nome del titolare e soprattutto senza alcun conforto tecnico sulla fattibilità di un’operazione del genere”.
Nel frattempo, Luigi Fallico - incensurato ma diffamato in ogni modo dalla stampa che si è occupata del caso - è morto in una cella del carcere di Viterbo il 23 maggio, senza essere ricoverato nonostante avesse da almeno sei giorni – 144 ore - i sintomi dell’infarto. Un episodio che la consigliera regionale indipendentista Claudia Zuncheddu non ha esitato a definire “omicidio di stato”.
Intanto Bruno Bellomonte continua ad essere privato della libertà, in regime di massima sicurezza da più di 24 mesi. La richiesta di scarcerazione presentata il 19 maggio dai legali è stata rifiutata.
Attorno al dirigente di a Manca pro s’Indipendentzia si è creato da tempo un movimento di solidarietà, che cresce ed è andato oltre i confini della sua organizzazione politica e della rete delle amicizie. Il combattivo corteo organizzato sabato scorso da aMpI a Sassari ha registrato l’adesione di gran parte dell’arcipelago indipendentista (Paris, Sni, ProgRes) e della sinistra anticapitalista (Pcl, Sinistra Critica Sarda, Rifondazione comunista). Forte anche la solidarietà dell’organizzazione “sorella” di aMpI in Corsica, a Manca Naziunale (nel maggio scorso entrambe le formazioni politiche erano state invitate all’incontro della sinistra mediterranea organizzato dal Nuovo partito anticapitalista francese a Marsiglia, ndr).
“Bellomonte – scrive Desideriu Ramelet-Stuar di a Manca naziunale – continua ad essere ostaggio dello stato italiano […].L'ingiustizia fatta a Bruno non deve lasciare indifferente nessuno, in Corsica e altrove”.
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