Quali prospettive per la sinistra indipendentista? Un contributo inviato a IlMinuto
Da diversi mesi abbiamo intrapreso un percorso di confronto con alcuni compagni e compagne che si riconoscono nelle idee della sinistra indipendentista per costituire un nuovo soggetto politico rispondente alle nostre aspettative.
Si tratta di persone che da molti anni sono impegnate per difendere la nostra terra dalle politiche coloniali, all'interno di svariati collettivi, comitati, assemblee e associazioni. Tutti e tutte noi, da anni, sentiamo un grave vuoto politico, per la mancanza di un partito che rappresenti le nostre idee e che possa agire in sinergia con tutte le realtà "di movimento" espresse dalla società sarda e di cui noi facciamo parte. Quindi abbiamo iniziato il nostro dibattito con persone che condividono il nostro orizzonte ideologico socialista e indipendentista e al tempo stesso intendono praticare una politica non settaria e dialogante con la società civile in Sardegna.
La nostra società, a partire dalle classi popolari, è il campo in cui la sinistra indipendentista e anticolonialista dovrebbe combattere una battaglia per l'egemonia, puntando a conquistare le realtà che sono più coscienti e allontanarle dall'influenza dei partiti maggiormente responsabili dello sfruttamento e della subalternità della Sardegna: in particolare il Partito Democratico e il polo della Destra, oggi a trazione Fratelli d'Italia.
Ci sono moltissime forze sociali sane in Sardegna, che aggregandosi potrebbero avere successo dove in passato si è sempre fallito.
Spesso si è guardato con diffidenza movimenti, comitati e assemblee popolari, quando non ci si è messi proprio in competizione con essi, in quanto realtà spontanee e non irreggimentabili.
Gli indipendentisti devono avere una visione politica chiara, incompatibile con quella dei padroni della politica coloniale, e la strategia degli indipendentisti deve dipendere da tale visione.
Non ci si può aspettare questa chiarezza dai movimenti sociali e i gruppi della società civile che indipendentisti non sono: loro oscilleranno sempre fra chi riuscirà a intercettare la loro sofferenza, portando proposte politiche che appaiano credibili.
Il giorno in cui gli indipendentisti riusciranno a portare dalla propria parte una buona fetta della società sarda e delle sue espressioni più coscienti, non su questioni ideologiche, ma traducendo queste nella pratica di un'azione politica quotidiana, sarà il giorno in cui riusciremo ad avere anche una rappresentanza nel consiglio regionale attraverso una proposta elettorale che sia centrata in Sardegna e non abbia legami di dipendenza con chi tiene il nostro popolo sottomesso.
Se vogliamo costruire un’alternativa progressista sarda al progetto politico-economico che ci viene imposto dallo Stato italiano, tutto ciò è possibile solo attraverso un complesso lavoro nella società e non attraverso facili e illusorie scorciatoie.
L’elettoralismo fine a sé stesso ha portato alla creazione di una miriade di liste indipendentiste dalla vita brevissima, mentre non si è mai neppure tentato di costruire una proposta politica a lungo termine, in cui lo strumento elettorale fosse solo una fra le modalità possibili per rivolgersi alla società.
Non è quindi strano, in fin dei conti, che l’elettorato sardo non abbia mai premiato liste estemporanee, costruite nello spazio di una campagna elettorale.
E’ vero che in Sardegna abbiamo una legge elettorale fascista che rappresenta un serio problema di accesso alla rappresentanza democratica per le minoranze, ma questo non è certo l’unico problema nel rapporto degli indipendentisti con le elezioni.
Fra le candidature indipendentiste gli esempi migliori (ma certamente migliorabili) sono stati Sardegna Possibile (che riuscì nell'impresa di unire larghi segmenti sociali al loro progetto, oltre che rubare pezzi ai partiti coloniali, avvicinandoli a posizioni indipendentiste) e Mesa de sos Sardos Lìberos (che negli anni ‘90 riuscì a fare schierare dalla propria parte il Movimento Pastori Sardi).
Anche oggi ci sono teste, forze, intelligenze da mettere in sinergia ed è auspicabile che le forze indipendentiste provino a farlo nel modo giusto, partendo dagli esempi migliori delle candidature del passato e puntando a migliorarli ulteriormente.
Il nostro progetto verrà reso pubblico a breve, ma abbiamo già deciso che non intendiamo partecipare alle elezioni, impegnandoci invece in un lavoro politico di più ampio respiro. Piuttosto potremmo dialogare con un’aggregazione elettorale civica/indipendentista nell’ottica di una prospettiva non settaria nè dogmatica, ma che punti a coinvolgere attivamente la società sarda.
Purtroppo al momento non si è palesato un progetto che risponda alle nostre aspettative.
Da un lato Liberu ha deciso di partecipare all’alleanza del centrosinistra italiano, con la speranza di riuscire ad eleggere in consiglio regionale uno dei suoi dirigenti, e con la sicurezza invece di aver legittimato il Partito Democratico agli occhi della propria area di riferimento, come un alleato naturale e non più come un nemico dichiarato.
D’altra parte, nel corso di due assemblee a inizio estate si è delineata un’aggregazione nazionalista che appare molto dogmatica e poco rispondente alle problematiche concrete vissute dal popolo sardo, oltre ad avere come minimo comune denominatore un identitarismo nel quale non possiamo riconoscermi.
La proposta più interessante ci sembra al momento quella di Progres e Irs, che hanno creato un “secondo polo” con alcuni partiti italiani di matrice comunista, sulla base del comune riconoscimento del diritto di autodeterminazione del popolo sardo.
È ridicolo paragonare Potere al Popolo al PD in quanto entrambi “partiti italiani”, perché è evidente che non hanno le stesse responsabilità nello smantellamento dei diritti dei lavoratori e nell’oppressione vissuta dal nostro popolo.
Tuttavia neppure questo progetto ci sembra per ora convincente, perché è frutto esclusivamente di un accordo fra sigle e perché eccessivamente ideologico e carente di proposte concrete e realizzabili da parte della prossima Giunta Regionale. Purtroppo ci sembra un cartello creato solo in funzione delle elezioni, ideato per non dover saltare una tornata elettorale, ma senza che le diverse componenti ideologiche siano amalgamate in una proposta politica che possa davvero riunire le istanze delle lotte per la giustizia sociale con quelle per l’autodeterminazione del popolo sardo: cosa che a mio avviso sarebbe certamente auspicabile.
Non escludiamo la possibilità che tali aggregazioni possano unirsi, migliorarsi, e che ne nascano di nuove.
Soprattutto pensiamo che chi ha occupato la scena del mondo indipendentista per tanti anni, con risultati talvolta anche positivi, dovrebbe fare un passo indietro e mettersi a disposizione con il suo carico di esperienza, lasciando finalmente spazio al protagonismo del popolo sardo.