Tutte le forme del vetro. L’arte e i progetti di Francesca Tedesco: “La ricerca è vitale”
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Decimo appuntamento per Formas. Questa settimana la redazione de IlMinuto fa tappa a Sassari, nel laboratorio Vetrarte, dove dal 1986 Francesca Tedesco, artigiana e docente all’Accademia di Belle Arti, dà forma al vetro. Un materiale “capriccioso e imprevedibile”, ma che sa “sorprendere e incantare”.
Quando e come è nata la sua attività?
Bella domanda! Difficile dire come e quando nasce una passione, credo che in embrione sia nata con me, poi sono stati gli eventi e le scelte fatte a permettere che l’embrione prendesse vita, forma e colore. L’attività vera e propria, quella con partita Iva, per intenderci, è nata nel 1986, quando ho incontrato Silvio Sotgiu, il mio attuale marito, anche lui artigiano con esperienze nel campo del vetro artistico. Insieme abbiamo fondato lo Studio Vetrarte, che ha sede in aperta campagna, nelle zona di San Camillo, dove abitiamo, nella nostra casa-studio-laboratorio e, qualche anno più tardi, abbiamo aperto il nostro spazio espositivo Crea in piazza Fiume a Sassari. Insieme abbiamo percorso 25 anni di lavoro, fatto di continui confronti, di progetti, di entusiasmi ma anche di delusioni e di problemi: un lungo periodo denso e intenso.
Esiste un dialogo tra la sua arte e la sua attività di docenza? Se la risposta è sì: ci racconta questo legame?
Certamente il legame esiste in quanto io sono impastata a vetro ed è stato quindi inevitabile trasmettere il mio amore per questo intrigante versatile e meraviglioso materiale, ma solo a chi ha dimostrato di essere interessato e curioso. In 35 anni di docenza (di cui 15 all’accademia di Belle Arti) ho cercato di non influenzare i miei studenti nelle loro scelte di percorsi espressivi, accompagnandoli nella ricerca di una propria strada, utilizzando vari materiali come linguaggio espressivo delle singole diversità. Però la comunicazione e la trasmissione passano anche attraverso canali non verbali. Diversi miei allievi, negli anni, hanno lavorato con il vetro, ma con una loro ricerca personale.
Quali sono i suoi maestri?
Sono stata maestra di me stessa. Forse è stata la curiosità accesa sin da bambina per i caleidoscopi a condurmi poi, da adulta, una volta diplomata all’Istituto d’Arte in ceramica e docente di ruolo, quindi autonoma economicamente, se pur giovanissima, a permettermi di coltivare questo sogno di luce colorata, investendo tempo e denaro nella ricerca, allora non facile in assenza di Internet. Al tempo i laboratori della lavorazione del vetro artistico (che comprende diverse tecniche anche molto diverse tra loro, come il mosaico, la piombatura, la tecnica” Tiffany”, la vetrofusione e la formatura su stampi, nonché la lavorazione “a lume” per creare perle di vetro) in Sardegna non esistevano, e anche in Italia erano pochissimi (parlo degli anni Settanta). Non è stato facile, ma è stato un viaggio molto intenso ed emozionante che ancora oggi continua.
Che rapporto ha con il vetro?
Un rapporto strettissimo, tanto che ci convivo da 40 anni! Anche se non sempre è un rapporto facile. Anzi, il vetro è capriccioso e imprevedibile, oltre che affascinante, inoltre non dà molta confidenza, a volte delude, a volte si nega, qualche volta tradisce, ma quando meno te lo aspetti ti sorprende, ti eccita, ti incanta.
Il vetro è la magia che mi racconta.
Francesca Tedesco aiuta la materia a partorire o conferisce forma alla materia?
Il vetro nella sua forma solida in genere è in lastre, bacchette o granuli. Il mio lavoro sta nel tagliare, comporre, fondere, piegare. Non è come per gli scultori, credo di conferire io la forma alla materia.
Cosa c’è di sardo nelle sue creazioni?
Dipende ovviamente dei contesti nei quali un’opera va inserita, una vetrata è diversa da un vaso o da una lampada. Diciamo che la mia sardità si può leggere più facilmente nelle miniature di paesaggi tridimensionali che evocano colori e suggestioni della terra e del mare, come piccole poesie visive, ma c’è anche in alcune collezioni di oggetti che realizziamo per i negozi dell’ ex I.S.O.L.A, (l’ente regionale nato negli anni Cinquanta e chiuso qualche anno fa da Renato Soru) ora gestiti da privati, sia a Cagliari che a Porto Cervo. Comunque l’aspetto sardo non è mai di tipo tradizionale, ma evocato a livello emotivo, quasi sussurrato.
Nel suo sito leggiamo il vetro: "è arte, cultura, magia, alchimia”. Ci può spiegare meglio il concetto?
Difficile spiegare la magia. Il vetro è materia che si trasforma, si fa liquido e solido, colorato, opaco o trasparente, caldo o freddo, umile o prezioso e così via, passa attraverso il fuoco senza bruciarsi, può contenere il ghiaccio senza gelarsi. Il vetro è un fantastico dono della terra e sta in queste sue proprietà il senso della magia di cui parlo!
I lavori del suo studio sono presenti in numerosi luoghi di culto. Quali sono le opere che ritiene più significative?
Negli anni abbiamo realizzato numerose vetrate per luoghi di culto, le più significative sono senz’altro le vetrate della chiesa SS. Nome di Gesù ad Ottava (provincia di Sassari) su una superficie di oltre 100 metri quadri. Sono le più grandi vetrate presenti in Sardegna, e, soprattutto, realizzate da artigiani sardi, con l’antica tecnica della piombatura. Per la progettazione e la realizzazione ci sono voluti due anni! E’ stato molto impegnativo, ma altrettanto emozionante. Una bella sfida!
Nelle creazioni di Francesca Tedesco predomina la tradizione sull’innovazione o l’innovazione sulla tradizione?
Premesso che per me una ha radici nell’altra, dipende sempre dal contesto in cui si va a inserire l’opera e dalle esigenze del committente. Lo spazio in cui devo intervenire mi suggerisce comunque cosa può accogliere e sin dove posso osare. Quando lavoro per me, invece, amo sperimentare, la ricerca per me è vitale, anche perché sono molto curiosa e se mi viene un'idea, la devo realizzare al più presto, altrimenti mi ronza nella mente sino a quando non le permetto di uscire.
Quali opportunità di lavoro ha oggi un operatore del settore nella nostra Isola? Quali i consigli di Francesca Tedesco a chi vuole iniziare quest’attività?
Credo che questo non sia certo il momento storico e “culturale” più adatto per avviare una attività di artigianato di eccellenza come la nostra e quella di pochi altri artigiani superstiti, che, come noi, si battono per produrre lavoro di qualità (negli ultimi anni a Sassari hanno chiuso tutti i nostri colleghi!). Uno dei nostri problemi più gravi è la commercializzazione dei prodotti: manca un’organizzazione che si occupi di questo aspetto, poiché l’artigiano non è un commerciante, il suo compito è stare nel suo laboratorio a produrre cultura e bellezza, non correre dietro ai mercati. Un altro problema pressante è di tipo economico, oltre il 60 per cento dei nostri guadagni va in tasse, costi di gestione e materie prime. Queste ultime, nel nostro caso, arrivano tutte da fuori. La Sardegna, pur essendo ricchissima di produzioni artigianali di eccellenza in ogni settore (tessitura, oreficeria, ceramica, pietra, ferro ecc.) non dà sostegno ai suoi lavoratori. Ecco perché moltissimi giovani non intraprendono questa strada che obbiettivamente è spinosa e irta di difficoltà. Però se c’è la passione vale pur la pena di correre dei rischi. O no?
Progetti per il futuro?
Interessanti. C’è l’ ipotesi di un progetto per Villa Devoto a Cagliari, la sede istituzionale della Regione che è stata appena ristrutturata. Ho già in mente qualcosa, ma per ora è ancora tutto da vedere.
Si ringrazia Laura Gargiulo per la collaborazione
Galleria fotografica
Scheda tecnica
Formas est unu progetu fattu cun sa participatzioni de sa Regioni Autónoma de sa Sardigna – L.R. 26/97 asuba de sa língua e cultura sarda
Quando e come è nata la sua attività?
Bella domanda! Difficile dire come e quando nasce una passione, credo che in embrione sia nata con me, poi sono stati gli eventi e le scelte fatte a permettere che l’embrione prendesse vita, forma e colore. L’attività vera e propria, quella con partita Iva, per intenderci, è nata nel 1986, quando ho incontrato Silvio Sotgiu, il mio attuale marito, anche lui artigiano con esperienze nel campo del vetro artistico. Insieme abbiamo fondato lo Studio Vetrarte, che ha sede in aperta campagna, nelle zona di San Camillo, dove abitiamo, nella nostra casa-studio-laboratorio e, qualche anno più tardi, abbiamo aperto il nostro spazio espositivo Crea in piazza Fiume a Sassari. Insieme abbiamo percorso 25 anni di lavoro, fatto di continui confronti, di progetti, di entusiasmi ma anche di delusioni e di problemi: un lungo periodo denso e intenso.
Esiste un dialogo tra la sua arte e la sua attività di docenza? Se la risposta è sì: ci racconta questo legame?
Certamente il legame esiste in quanto io sono impastata a vetro ed è stato quindi inevitabile trasmettere il mio amore per questo intrigante versatile e meraviglioso materiale, ma solo a chi ha dimostrato di essere interessato e curioso. In 35 anni di docenza (di cui 15 all’accademia di Belle Arti) ho cercato di non influenzare i miei studenti nelle loro scelte di percorsi espressivi, accompagnandoli nella ricerca di una propria strada, utilizzando vari materiali come linguaggio espressivo delle singole diversità. Però la comunicazione e la trasmissione passano anche attraverso canali non verbali. Diversi miei allievi, negli anni, hanno lavorato con il vetro, ma con una loro ricerca personale.
Quali sono i suoi maestri?
Sono stata maestra di me stessa. Forse è stata la curiosità accesa sin da bambina per i caleidoscopi a condurmi poi, da adulta, una volta diplomata all’Istituto d’Arte in ceramica e docente di ruolo, quindi autonoma economicamente, se pur giovanissima, a permettermi di coltivare questo sogno di luce colorata, investendo tempo e denaro nella ricerca, allora non facile in assenza di Internet. Al tempo i laboratori della lavorazione del vetro artistico (che comprende diverse tecniche anche molto diverse tra loro, come il mosaico, la piombatura, la tecnica” Tiffany”, la vetrofusione e la formatura su stampi, nonché la lavorazione “a lume” per creare perle di vetro) in Sardegna non esistevano, e anche in Italia erano pochissimi (parlo degli anni Settanta). Non è stato facile, ma è stato un viaggio molto intenso ed emozionante che ancora oggi continua.
Che rapporto ha con il vetro?
Un rapporto strettissimo, tanto che ci convivo da 40 anni! Anche se non sempre è un rapporto facile. Anzi, il vetro è capriccioso e imprevedibile, oltre che affascinante, inoltre non dà molta confidenza, a volte delude, a volte si nega, qualche volta tradisce, ma quando meno te lo aspetti ti sorprende, ti eccita, ti incanta.
Il vetro è la magia che mi racconta.
Francesca Tedesco aiuta la materia a partorire o conferisce forma alla materia?
Il vetro nella sua forma solida in genere è in lastre, bacchette o granuli. Il mio lavoro sta nel tagliare, comporre, fondere, piegare. Non è come per gli scultori, credo di conferire io la forma alla materia.
Cosa c’è di sardo nelle sue creazioni?
Dipende ovviamente dei contesti nei quali un’opera va inserita, una vetrata è diversa da un vaso o da una lampada. Diciamo che la mia sardità si può leggere più facilmente nelle miniature di paesaggi tridimensionali che evocano colori e suggestioni della terra e del mare, come piccole poesie visive, ma c’è anche in alcune collezioni di oggetti che realizziamo per i negozi dell’ ex I.S.O.L.A, (l’ente regionale nato negli anni Cinquanta e chiuso qualche anno fa da Renato Soru) ora gestiti da privati, sia a Cagliari che a Porto Cervo. Comunque l’aspetto sardo non è mai di tipo tradizionale, ma evocato a livello emotivo, quasi sussurrato.
Nel suo sito leggiamo il vetro: "è arte, cultura, magia, alchimia”. Ci può spiegare meglio il concetto?
Difficile spiegare la magia. Il vetro è materia che si trasforma, si fa liquido e solido, colorato, opaco o trasparente, caldo o freddo, umile o prezioso e così via, passa attraverso il fuoco senza bruciarsi, può contenere il ghiaccio senza gelarsi. Il vetro è un fantastico dono della terra e sta in queste sue proprietà il senso della magia di cui parlo!
I lavori del suo studio sono presenti in numerosi luoghi di culto. Quali sono le opere che ritiene più significative?
Negli anni abbiamo realizzato numerose vetrate per luoghi di culto, le più significative sono senz’altro le vetrate della chiesa SS. Nome di Gesù ad Ottava (provincia di Sassari) su una superficie di oltre 100 metri quadri. Sono le più grandi vetrate presenti in Sardegna, e, soprattutto, realizzate da artigiani sardi, con l’antica tecnica della piombatura. Per la progettazione e la realizzazione ci sono voluti due anni! E’ stato molto impegnativo, ma altrettanto emozionante. Una bella sfida!
Nelle creazioni di Francesca Tedesco predomina la tradizione sull’innovazione o l’innovazione sulla tradizione?
Premesso che per me una ha radici nell’altra, dipende sempre dal contesto in cui si va a inserire l’opera e dalle esigenze del committente. Lo spazio in cui devo intervenire mi suggerisce comunque cosa può accogliere e sin dove posso osare. Quando lavoro per me, invece, amo sperimentare, la ricerca per me è vitale, anche perché sono molto curiosa e se mi viene un'idea, la devo realizzare al più presto, altrimenti mi ronza nella mente sino a quando non le permetto di uscire.
Quali opportunità di lavoro ha oggi un operatore del settore nella nostra Isola? Quali i consigli di Francesca Tedesco a chi vuole iniziare quest’attività?
Credo che questo non sia certo il momento storico e “culturale” più adatto per avviare una attività di artigianato di eccellenza come la nostra e quella di pochi altri artigiani superstiti, che, come noi, si battono per produrre lavoro di qualità (negli ultimi anni a Sassari hanno chiuso tutti i nostri colleghi!). Uno dei nostri problemi più gravi è la commercializzazione dei prodotti: manca un’organizzazione che si occupi di questo aspetto, poiché l’artigiano non è un commerciante, il suo compito è stare nel suo laboratorio a produrre cultura e bellezza, non correre dietro ai mercati. Un altro problema pressante è di tipo economico, oltre il 60 per cento dei nostri guadagni va in tasse, costi di gestione e materie prime. Queste ultime, nel nostro caso, arrivano tutte da fuori. La Sardegna, pur essendo ricchissima di produzioni artigianali di eccellenza in ogni settore (tessitura, oreficeria, ceramica, pietra, ferro ecc.) non dà sostegno ai suoi lavoratori. Ecco perché moltissimi giovani non intraprendono questa strada che obbiettivamente è spinosa e irta di difficoltà. Però se c’è la passione vale pur la pena di correre dei rischi. O no?
Progetti per il futuro?
Interessanti. C’è l’ ipotesi di un progetto per Villa Devoto a Cagliari, la sede istituzionale della Regione che è stata appena ristrutturata. Ho già in mente qualcosa, ma per ora è ancora tutto da vedere.
Si ringrazia Laura Gargiulo per la collaborazione
Galleria fotografica
Scheda tecnica
Formas est unu progetu fattu cun sa participatzioni de sa Regioni Autónoma de sa Sardigna – L.R. 26/97 asuba de sa língua e cultura sarda
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