Trentotto anni dalla morte di Franco Serantini a Pisa. Storia di un sovversivo (e di un assassinio di Stato)
(IlMinuto) – Cagliari, 7 agosto - Trentotto anni fa un giovane sardo, figlio di nessuno, moriva nel carcere Don Bosco di Pisa in seguito alle brutali percosse subite durante una manifestazione antifascista. Franco Serantini, questo il suo nome, era nato a Cagliari il 16 luglio 1951 e, dopo aver passato l’infanzia tra brefotrofio e istituti di assistenza ai minori, era stato trasferito al riformatorio di Pisa in regime di semi libertà. Qui la storia di Serantini si intreccia a quella di una generazione che fece della politica una scelta di vita: l’esperienza del Mercato Rosso nel quartiere popolare del Cep, la campagna di controinformazione sulla strage di Piazza Fontana e l’assassinio di Giuseppe Pinelli, le azioni antifasciste insieme ai compagni del gruppo anarchico di via San Martino.
5 maggio 1972: Giuseppe Niccolai del Msi è a Pisa per un comizio. Lotta Continua indice un presidio a cui segue la massiccia militarizzazione di tutta la città e la reazione repressiva della polizia che durante le numerose cariche colpisce Franco Serantini e lo conduce in carcere. Dopo due giorni di agonia, e dopo che il medico giudica “non serio” il suo malessere, Franco Serantini viene trovato in coma e poco dopo muore.
Quella di Serantini, quindi, è forse la storia di una generazione che negli anni ’70 sperimenta nuove forme di fare politica a contatto con gli strati poveri della società. Forse è anche la storia di una delle molte vittime della “Strategia della tensione” di cui in questi giorni i giornali ricordano le stragi e i segreti di Stato che ancora li ricoprono. Oggi, a distanza di tanti anni, la vicenda di questo giovane anarchico sardo più che il passato sembra raccontare il nostro presente: la marginalità delle fasce giovanili povere, la repressione dei movimenti politici che ai giochi di potere oppongono la partecipazione attiva e dal basso, le morti in carcere e negli istituti di costrizione ed isolamento.
Per questo, dal 1979 a Pisa una biblioteca porta il suo nome e conserva un inestimabile patrimonio librario che racconta le storie e le esperienze dal movimento anarchico, operaio e sindacale, fino ai movimenti studenteschi e di opposizione degli anni ’60-’70 per arrivare ai movimenti politici dei giorni nostri: 30mila volumi, 4mila periodici, 2mila opuscoli e ciclostilati che provengono da più di dieci aree linguistiche, tra le quali il sardo. Dal 1992 si è affiancata anche la Bfs edizioni (che raccontò la vicenda di Serantini nel libro di Stajano “Il sovversivo”) la quale occupa, con i suoi 150 titoli pubblicati, un posto importante nel panorama delle piccole case editrici indipendenti con lo sviluppo della ricerca storica (Quaderni della rivista storica), la ristampa di classici del pensiero politico fino a opere di attualità, come i testi su “Le nuove camicie brune”, sull’uso degli psicofarmaci sui bambini o sui pregiudizi contro “gli zingari”. Un’attività, quindi, che mantiene vivo quell’interesse che spinse più di dieci anni fa un gruppetto di anarchici pisani a fondare la biblioteca: produrre e diffondere cultura per opporsi alla “verità di Stato”.
L.G
5 maggio 1972: Giuseppe Niccolai del Msi è a Pisa per un comizio. Lotta Continua indice un presidio a cui segue la massiccia militarizzazione di tutta la città e la reazione repressiva della polizia che durante le numerose cariche colpisce Franco Serantini e lo conduce in carcere. Dopo due giorni di agonia, e dopo che il medico giudica “non serio” il suo malessere, Franco Serantini viene trovato in coma e poco dopo muore.
Quella di Serantini, quindi, è forse la storia di una generazione che negli anni ’70 sperimenta nuove forme di fare politica a contatto con gli strati poveri della società. Forse è anche la storia di una delle molte vittime della “Strategia della tensione” di cui in questi giorni i giornali ricordano le stragi e i segreti di Stato che ancora li ricoprono. Oggi, a distanza di tanti anni, la vicenda di questo giovane anarchico sardo più che il passato sembra raccontare il nostro presente: la marginalità delle fasce giovanili povere, la repressione dei movimenti politici che ai giochi di potere oppongono la partecipazione attiva e dal basso, le morti in carcere e negli istituti di costrizione ed isolamento.
Per questo, dal 1979 a Pisa una biblioteca porta il suo nome e conserva un inestimabile patrimonio librario che racconta le storie e le esperienze dal movimento anarchico, operaio e sindacale, fino ai movimenti studenteschi e di opposizione degli anni ’60-’70 per arrivare ai movimenti politici dei giorni nostri: 30mila volumi, 4mila periodici, 2mila opuscoli e ciclostilati che provengono da più di dieci aree linguistiche, tra le quali il sardo. Dal 1992 si è affiancata anche la Bfs edizioni (che raccontò la vicenda di Serantini nel libro di Stajano “Il sovversivo”) la quale occupa, con i suoi 150 titoli pubblicati, un posto importante nel panorama delle piccole case editrici indipendenti con lo sviluppo della ricerca storica (Quaderni della rivista storica), la ristampa di classici del pensiero politico fino a opere di attualità, come i testi su “Le nuove camicie brune”, sull’uso degli psicofarmaci sui bambini o sui pregiudizi contro “gli zingari”. Un’attività, quindi, che mantiene vivo quell’interesse che spinse più di dieci anni fa un gruppetto di anarchici pisani a fondare la biblioteca: produrre e diffondere cultura per opporsi alla “verità di Stato”.
L.G
Contatti:
Biblioteca Franco Serantini: www.bfs.it
BFS: www.bfs-edizioni.it
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