Concerti: Carmen Consoli convince Cagliari con lo show acustico “Elettra”. Stasera replica a Sassari
(IlMinuto) - Cagliari, 10 febbraio - Carmen Consoli, a distanza di quasi quattro anni dal tour di “Eva contro Eva” (conclusosi tragicamente proprio nel capoluogo sardo), fa ritorno in Sardegna con una tournèe teatrale in tre tappe (lunedì scorso al Lirico di Cagliari, ieri a Lanusei e oggi al Verdi di Sassari) in cui presenta il suo nuovo lavoro “Elettra”.
Accanto ad una complessità tematica sempre maggiore anche gli spettacoli si presentano ricchi di spunti musicali. La cantantessa e la sua band hanno infatti deciso di esibirsi nei club con “Ventunodieciduemilatrenta”, il tour rock che la vede per la prima volta al basso (in una formazione a quattro con Andrea Pesce dei Tiromancino alle tastiere). Nelle tappe teatrali, come quelle sarde, la band propone invece uno show prevalentemente acustico denominato “Elettra”. Ad affiancare Carmen Consoli alla voce e alla chitarra acustica, in questo caso troveremo Massimo Roccaforte e Santi Pulvirenti alle chitarre, Marco Siniscalco al contrabbasso, Adriano Murania al violino, Marcello Leanza ai fiati e al piano, Puccio Panettieri alla batteria, Leif Searcy alle percussioni.
Nella serata cagliaritana - aperta con l’esibizione del cantautore catanese Fabio Abate - la nostra apre le danze immergendosi subito nel clima di “Elettra” con le delicate atmosfere di “Perturbazione atlantica”, a cui seguono quelle venate di malinconia invernale del singolo “Non molto lontano da qui” e quelle tragiche e incestuose di “Mio zio”, il pezzo più duro dell’album.
L’esibizione prosegue con l’esecuzione del tormentone de “L’ultimo bacio” e con il classico “Geisha”, che, a dispetto della veste apparentemente acustica dello show, ha saputo regalare scosse di elettricità che hanno mandato in solluchero i fan della prima ora.
È però con l’esecuzione dei successivi tre brani che la Consoli si addentra nel nuovo lavoro, con le canzoni che forse ne rappresentano meglio il senso. L’enigmatica e suggestiva “Marie ti amiamo” (scritta con Battiato), cantata in francese, arabo ed italiano, sicuramente uno dei brani più interessanti dell’album; una struggente versione di “Col nome giusto” dalle trame avvolgenti e dagli echi modugniani ed infine l’“Elettra” che da il titolo all’album, storia di una "sophisticated bitch" che si ritrova ancora capace d’innamorarsi.
La parte centrale dello spettacolo si incentra sulla sola presenza della Consoli sul palco, che, in perfetta solitudine, interpreta alcuni pezzi forti del suo repertorio, dall’utopica “Il sorriso di Atlantide” alla classicissima e melliflua “Parole di burro” fino all’inatteso recupero di “Contessa miseria”.
La band torna sul palco per affiancare la nostra nella sua personalissima elaborazione del lutto di “Mandaci una Cartolina”, per una visionaria “Madre terra”, un' incalzante e ironica “Fiori d’arancio”, per concludere poi il concerto con le siculeggianti “Maria Catena” (apoteosi delle maldicenze di paese ed uno dei vertici compositivi della Consoli cantastorie) e “A finestra”, un ironico sguardo su un mondo crocevia di genti in cui, nonostante tutto, “Turchi, Ebrei e Cristiani si stringeunu la manu”.
Il gruppo esce di scena tra gli applausi e concede un trascinante bis, ripartendo con la filosofia di vita della cantilenante “L’eccezione” e proseguendo con la balcanica “Il pendio dell’abbandono” (in cui per la prima volta Carmen abbandona la chitarra ed accenna un balletto di rara sensualità) ed il folk sottilmente nostalgico e retrò di “Sud est”. Stupisce ed incanta ancora con un appassionante cover di “È la notte” (dal repertorio di Adamo), eseguita in coppia con Fabio Abate, e col beat autobiografico di “In bianco e nero”. Il concerto sembra chiudersi qui ma la musicista siciliana decide di risalire un ultima volta sul palco (stavolta in compagnia del fido chitarrista Massimo Roccaforte) per regalare ai suoi fedelissimi una versione asciutta di “Amore di plastica”, quasi a voler chiudere un cerchio e dimostrando, semmai ce ne fosse il bisogno, una personalità come poche nell’asfittico panorama della musica pop italiana.
(AC)
Accanto ad una complessità tematica sempre maggiore anche gli spettacoli si presentano ricchi di spunti musicali. La cantantessa e la sua band hanno infatti deciso di esibirsi nei club con “Ventunodieciduemilatrenta”, il tour rock che la vede per la prima volta al basso (in una formazione a quattro con Andrea Pesce dei Tiromancino alle tastiere). Nelle tappe teatrali, come quelle sarde, la band propone invece uno show prevalentemente acustico denominato “Elettra”. Ad affiancare Carmen Consoli alla voce e alla chitarra acustica, in questo caso troveremo Massimo Roccaforte e Santi Pulvirenti alle chitarre, Marco Siniscalco al contrabbasso, Adriano Murania al violino, Marcello Leanza ai fiati e al piano, Puccio Panettieri alla batteria, Leif Searcy alle percussioni.
Nella serata cagliaritana - aperta con l’esibizione del cantautore catanese Fabio Abate - la nostra apre le danze immergendosi subito nel clima di “Elettra” con le delicate atmosfere di “Perturbazione atlantica”, a cui seguono quelle venate di malinconia invernale del singolo “Non molto lontano da qui” e quelle tragiche e incestuose di “Mio zio”, il pezzo più duro dell’album.
L’esibizione prosegue con l’esecuzione del tormentone de “L’ultimo bacio” e con il classico “Geisha”, che, a dispetto della veste apparentemente acustica dello show, ha saputo regalare scosse di elettricità che hanno mandato in solluchero i fan della prima ora.
È però con l’esecuzione dei successivi tre brani che la Consoli si addentra nel nuovo lavoro, con le canzoni che forse ne rappresentano meglio il senso. L’enigmatica e suggestiva “Marie ti amiamo” (scritta con Battiato), cantata in francese, arabo ed italiano, sicuramente uno dei brani più interessanti dell’album; una struggente versione di “Col nome giusto” dalle trame avvolgenti e dagli echi modugniani ed infine l’“Elettra” che da il titolo all’album, storia di una "sophisticated bitch" che si ritrova ancora capace d’innamorarsi.
La parte centrale dello spettacolo si incentra sulla sola presenza della Consoli sul palco, che, in perfetta solitudine, interpreta alcuni pezzi forti del suo repertorio, dall’utopica “Il sorriso di Atlantide” alla classicissima e melliflua “Parole di burro” fino all’inatteso recupero di “Contessa miseria”.
La band torna sul palco per affiancare la nostra nella sua personalissima elaborazione del lutto di “Mandaci una Cartolina”, per una visionaria “Madre terra”, un' incalzante e ironica “Fiori d’arancio”, per concludere poi il concerto con le siculeggianti “Maria Catena” (apoteosi delle maldicenze di paese ed uno dei vertici compositivi della Consoli cantastorie) e “A finestra”, un ironico sguardo su un mondo crocevia di genti in cui, nonostante tutto, “Turchi, Ebrei e Cristiani si stringeunu la manu”.
Il gruppo esce di scena tra gli applausi e concede un trascinante bis, ripartendo con la filosofia di vita della cantilenante “L’eccezione” e proseguendo con la balcanica “Il pendio dell’abbandono” (in cui per la prima volta Carmen abbandona la chitarra ed accenna un balletto di rara sensualità) ed il folk sottilmente nostalgico e retrò di “Sud est”. Stupisce ed incanta ancora con un appassionante cover di “È la notte” (dal repertorio di Adamo), eseguita in coppia con Fabio Abate, e col beat autobiografico di “In bianco e nero”. Il concerto sembra chiudersi qui ma la musicista siciliana decide di risalire un ultima volta sul palco (stavolta in compagnia del fido chitarrista Massimo Roccaforte) per regalare ai suoi fedelissimi una versione asciutta di “Amore di plastica”, quasi a voler chiudere un cerchio e dimostrando, semmai ce ne fosse il bisogno, una personalità come poche nell’asfittico panorama della musica pop italiana.
(AC)
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