Salute: AIL celebra 55 anni di lotta contro leucemie, linfomi e mielomi

Tecnologie biomolecolari e terapie innovative: nuove sfide
20 Giugno 2024
campagna Ail

Quella di Ail (Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma) è una storia lunga 55 anni. 55 anni durante i quali il coinvolgimento di Ail nella ricerca e nell'assistenza ai pazienti con tumori del sangue è diventato sempre più importante.

Oggi l'Associazione conta 83 sezioni e 17mila volontari, 146 progetti di ricerca scientifica, 5.186 viaggi solidali e 670 posti letto per 62.898 notti offerte nelle Case alloggio Ail a 2.395 pazienti e caregiver.

Nel Bel Paese, secondo i dati del Piano oncologico nazionale 2023-2027 del Ministero della Salute, sono circa 500mila le persone che convivono con un tumore ematologico e 30mila le nuove diagnosi. Oggi, grazie alla ricerca, i pazienti hanno maggiori probabilità di guarire o di convivere per anni con la malattia mantenendo una buona qualità di vita.

Sostenere i pazienti e rendere disponibili terapie sempre più efficaci sono obiettivi che per Ail possono essere raggiunti anche grazie alla costante e sempre maggiore collaborazione con le Società scientifiche e gli Enti che operano in ambito ematologico.

In occasione della Giornata nazionale per la lotta contro leucemie, linfomi e mieloma che si celebra il 21 giugno 2024, Ail ha promosso un'importante conferenza stampa in cui, oltre a condividere i progressi della ricerca ematologica, ha ribadito un messaggio fondamentale rivolto a tutti i pazienti e ai loro familiari: "Non siete soli". L'incontro è stato un importante appuntamento medico-scientifico e ha visto la partecipazione dei presidenti delle Società scientifiche italiane e dei rappresentanti del terzo settore. Cuore dell'evento i "55 anni di Ail e di sostegno alla ricerca scientifica per la lotta ai tumori del sangue. Tecnologie biomolecolari e terapie innovative in Ematologia".

"Ail da 55 anni è impegnata quotidianamente nel migliorare la qualità della vita dei pazienti ematologici e delle loro famiglie, sostenendo la ricerca scientifica, l'assistenza sociosanitaria, e promuovendo la conoscenza dei tumori del sangue”, ha sottolineato Giuseppe Toro, Presidente nazionale Ail. “Dal 1969 siamo cresciuti molto - ha proseguito Toro - diventando un punto di riferimento per i pazienti ematologici italiani e i loro caregiver, e per l'Ematologia italiana. Nel 1975 nascono le prime sezioni provinciali e ora siamo a 83 con oltre 17mila volontari. Ail stanzia annualmente milioni di euro per sostenere la ricerca scientifica e supporta il Gimema (Gruppo italiano malattie ematologiche dell'adulto), gruppo di ricerca clinica cui collaborano le ematologie italiane per studiare le patologie e identificare i migliori protocolli diagnostici e terapeutici, e per finanziare assunzioni e borse di studio per data manager, psicologi, medici, ricercatori, biologi e infermieri. Il sostegno alla ricerca da solo non basta - ha proseguito il Presidente - è fondamentale anche essere al fianco dei pazienti durante tutto il percorso della malattia, che spesso risulta essere lungo e faticoso".

"Il sostegno di Ail per la ricerca clinica e biologica è un'attività che è sempre andata in parallelo con quella dell'assistenza ai pazienti e ai familiari”, ha spiegato William Arcese, Presidente Comitato scientifico Ail. “Fare assistenza - ha proseguito - significa pertanto fare anche ricerca. Ail da sempre collabora con l'Associazione italiana ematologia-oncologia pediatrica (Aieop), Fondazione italiana linfomi (Fil), Gruppo italiano trapianto midollo osseo (Gitmo), Società italiana di ematologia (Sie) e Società italiana di ematologia sperimentale (Sies), che rappresentano le principali Società scientifiche nell'ambito ematologico italiano. Ogni anno - ha continuato Arcese - a queste Società è riservato un finanziamento per progetti selezionati dalle stesse società scientifiche, che riguardano la ricerca clinico-biologica, la ricerca di base o iniziative educazionali. Quest'anno Aieop e Gitmo hanno previsto un sostegno legato alla gestione dei rispettivi Registri di pazienti. Fil vuole condurre uno studio per la valutazione della performance neuro-cognitiva sulla Qualità di vita nei giovani adulti affetti da linfoma. Gitmo, per la numerosità di studi previsti, ha necessità di potenziare il proprio Clinical trial office”.

“Il progetto Sies - ha sottolineato Arcese - è la continuità del Corso di aggiornamento per gli infermieri di ematologia, già indetto con successo lo scorso anno. Infine, il progetto Sies propone di sviluppare le Linee guida nelle malattie mieloproliferative e nella Leucemia mieloide cronica secondo la metodologia delineata dall'Istituto Superiore di Sanità in modo che diventino Linee guida nazionali”.

Oggi, nel panorama terapeutico sono disponibili gli anticorpi bispecifici che si sono dimostrati molto efficaci. “Il panorama delle terapie si è arricchito”, e va - come ha spiegato Paolo Corradini, Presidente Sie, Direttore della Divisione di Ematologia (Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di Milano Cattedra di Ematologia, Università degli Studi di Milano) - dalla leucemia linfatica acuta ai linfomi, che rappresentano il sesto o settimo tumore più frequente nel mondo occidentale, al mieloma, altro tumore ad alta incidenza. Patologie che rappresentano un grande numero di pazienti ematologici che possono essere trattati efficacemente con gli anticorpi bispecifici quando tutte le altre terapie sono fallite. Ci sono delle tossicità da gestire, ma possono essere controllate favorendo una buona qualità di vita”. “Gli anticorpi bispecifici rappresentano una seconda rivoluzione dopo le CAR-T”, ha continuato Corradini, il qualeha aggiunto che “Nell'ultimo anno sono state approvate le CAR-T per diversi tumori ematologici: due nel linfoma follicolare, il secondo tipo di linfoma per frequenza; una per il linfoma diffuso a grandi cellule B, il primo per incidenza. Oggi tutti i pazienti con linfoma a grandi cellule refrattari o ricaduti entro un anno possono ricevere questa terapia subito dopo il fallimento della terapia di prima linea. Questo consente di anticiparne l'uso, guarire un maggior numero di persone, risparmiare trattamenti successivi ai pazienti e anche costi, ma soprattutto permette una migliore qualità di vita per i pazienti e le loro famiglie”. Ancora, “per la leucemia linfoblastica acuta, da dicembre scorso, viene rimborsata una nuova CAR-T, per le persone con più di 26 anni”. Novità anche per il mieloma multiplo dal momento che, da fine maggio di quest'anno è disponibile in Italia una CAR-T, mentre un'altra è stata approvata, ma non ancora rimborsata da Aifa.

La ricerca ha fatto importanti passi avanti per quanto riguarda le nuove opzioni terapeutiche per i linfomi. “In futuro per il trattamento dei linfomi sarà sempre meno utilizzata la immuno-chemioterapia e aumenteranno sempre di più le terapie biologiche, cioè farmaci non chemioterapici mirati e strettamente indicati per particolari mutazioni dei vari tipi di linfoma”, ha spiegato Maurizio Martelli, Professore di Ematologia della Sapienza di Roma e Direttore Uoc Ematologia dell'Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico Umberto I di Roma. Oggi, ha spiegato Martelli, “abbiamo risultati importanti anche grazie alla sola immunoterapia. In particolare, anticorpi monoclonali bispecifici che riconoscono un determinato antigene cellulare e attivano i linfociti T del paziente stesso. La terapia cellulare Car-T, in cui gli stessi linfociti T del paziente vengono prelevati, ingegnerizzati e poi reinfusi nel paziente per aggredire la malattia”.
 

Nel 2023 in Italia sono stati effettuati circa 5.600 trapianti tra allogenici e autologhi. “Lo scorso anno sono stati effettuati circa 2.000 trapianti allogenici e nel 50% dei casi è stato necessario utilizzare un donatore da registro. La patologia maggiormente trattata è stata la leucemia acuta mieloide (40%) seguita dalla leucemia linfoblastica (18%), ha spiegato Massimo Martino, Presidente Gitmo, Direttore Uoc Centro Trapianti Midollo Osseo e Direttore ad interim Uoc Ematologia nel Dipartimento Oncoematologico e Radioterapico del Grande Ospedale Metropolitano 'BianchiMelacrino-Morelli' di Reggio Calabria. “Per quanto riguarda il trapianto autologo ne sono stati effettuati circa 3.600 e il mieloma multiplo è la patologia dove trova la maggiore applicazione, seguito dai linfomi non-Hodgkin e Hodgkin e dalle leucemie. Inoltre, per la prima volta, sono stati effettuati in numero maggiore di trapianti autologhi in persone con più di 60 anni rispetto ai soggetti under 60, e sono aumentati anche quelli allogenici”.
I tumori ematologici infantili più frequenti sono le leucemie acute, i linfoidi e la mieloide, i linfomi di Hodgkin e non-Hodgkin. In Italia i bambini a cui viene diagnosticato un tumore nella fascia 0-14 anni sono circa 1400-1500 all'anno e 800-900 nella fascia 15-18 anni.

La biologia molecolare individua le alterazioni molecolari che definiscono la patologia in maniera specifica e radicale. Questo fa sì che si intensifichino i protocolli a più alto rischio di recidiva e si riduca l'intensità e l'aggressività delle terapie per quelle patologie che hanno un'evoluzione migliore”, ha spiegato Arcangelo Prete, Presidente di Aieop, Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica nonché direttore Ssd Oncoematologia Pediatrica Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Policlinico S. Orsola Malpighi. “Questo produce un minor numero di effetti collaterali e maggiori risultati in termini di guarigione e sopravvivenza. I migliori risultati si ottengono nelle leucemie e nei linfomi. In particolare, per le leucemie l'immunoterapia liquida con blinatumomab si è dimostrata talmente efficace che in via sperimentale viene utilizzata anche in prima linea”, ha proseguito Prete, il quale aggiunge: “Le Car-T sono un trattamento estremamente mirato e specifico nei confronti della cellula neoplastica e sono una terapia personalizzata che produce meno effetti collaterali a medio e lungo termine. Questo è fondamentale quando si tratta di bambini che una volta guariti hanno un'aspettativa di vita pari a quella dei loro coetanei”.
 

Le neoplasie mieloproliferative croniche sono patologie tumorali associate ad alterazioni specifiche del Dna con alcune mutazioni ricorrenti e comprendono entità diverse. Sono malattie rare che globalmente hanno un'incidenza inferiore a cinque casi per 100mila all'anno. Le principali sono tre: trombocitemia essenziale, policitemia vera e mielofibrosi, di cui sono note due entità: la forma prefibrotica e quella franca di fibrosi, che può presentarsi sia come forma primaria sia secondaria e rappresenta l'evoluzione da una precedente trombocitemia essenziale o policitemia vera. A spiegarlo è Alessandro Vannucchi, Presidente Sies, professore di Ematologia, Direttore della Sod Ematologia Crimm (Centro Ricerca e Innovazione delle Malattie Mieloproliferative) e Direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi (Università di Firenze). “Da poco meno di 20 anni - ha sottolineato Vannucchi - è noto che si contraddistinguono per la presenza, nel 90% dei casi, di una mutazione, e le tre più ricorrenti sono dovute a una mutazione dei geni JAK2, MPL e CARL, variamente espressi nelle diverse forme. Queste mutazioni incidono tutte, seppur in misura diversa, su una alterata segnalazione all'interno delle cellule staminali emopoietiche che comporta la loro disregolata proliferazione. Ma soprattutto questa stessa segnalazione intracellulare alterata contribuisce alla più generale compromissione infiammatoria sistemica e rende ragione di molti dei sintomi e delle manifestazioni cliniche di queste malattie”.

Agli inizi degli anni Ottanta è nato il Gimema, Gruppo italiano malattie ematologiche dell'adulto, che nel corso de decenni si è evoluto e ampliato, tant'è vero che oggi quasi tutti i Centri di ematologia italiani afferiscono alla Fondazione Gimema. Sono circa 150. “Oggi il Gimema gestisce con i suoi protocolli circa 20mila pazienti, con decine di progetti clinici”, ha evidenziato Marco Vignetti, Presidente Fondazione Gimema Franco Mandelli. “LabNet, il network di laboratori che lavorano secondo un sistema di qualità condiviso, ha permesso a circa 25mila pazienti di effettuare 200mila test genetici, necessari a diagnosticare con accuratezza o a monitorare la patologia da cui sono affetti. Protocolli di diagnosi e monitoraggio dell'andamento della terapia insieme a protocolli terapeutici sempre aggiornati sono quello che rende alta la qualità dell'assistenza offerta da Gimema nei centri che afferiscono al Servizio sanitario nazionale”.

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