Come proteggere i beni in caso di divorzio

24 Novembre 2023
divorzio

La rottura di un matrimonio può rappresentare un punto critico non soltanto dal punto di vista personale, ma anche per quanto riguarda la gestione dei rapporti patrimoniali. Indipendentemente dalle specifiche situazioni, ci si ritroverà a dover riorganizzare la propria quotidianità e la ridistribuzione dei beni. Molto dipende dal regime scelto al momento del matrimonio, in base al quale può capitare di trovarsi nella condizione di dover tutelare il proprio patrimonio. La corretta gestione dei rapporti patrimoniali è particolarmente importante qualora vi siano figli, in modo da garantire una giusta tutela nei loro confronti. Andiamo allora a presentare tutte le casistiche che possono verificarsi in caso di divorzio e quali sono le strade per proteggere i propri beni e il patrimonio.

La scelta del regime matrimoniale

I coniugi possono scegliere la comunione dei beni oppure la separazione sia al momento della celebrazione del matrimonio che in seguito (in assenza di una dichiarazione in merito da parte dei coniugi, si applica di default la comunione dei beni). La principale caratteristica del regime patrimoniale di comunione dei beni è che i beni acquistati durante il matrimonio diventano comuni a entrambi i coniugi, anche se è stato soltanto uno dei due a intervenire all’atto di acquisto. Alcune particolari regole ed eccezioni sono previste per quanto riguarda la titolarità delle aziende e i risparmi.

In alternativa, la legge consente l’applicazione del regime patrimoniale di separazione, con il quale i due coniugi mantengono separati i rispettivi patrimoni. Ciò significa che ciascuno dei due resta proprietario dei beni che possedeva prima del matrimonio così come di quelli che acquista nel corso dello stesso.

Divorzio e conseguenze sul patrimonio familiare

Le conseguenze sul patrimonio familiare quando si divorzia sono diverse a seconda del regime matrimoniale scelto. L’art. 177 c.c. chiarisce che costituiscono oggetto della comunione:

  • i beni acquistati durante il matrimonio, fatta eccezione per quelli personali;

  • i frutti dei beni di ciascuno, percepiti e non consumati al momento del divorzio;

  • i proventi dell’attività separata di ciascun coniuge, se non consumati al momento del divorzio;

  • le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.

Diversamente, non rientrano nella comunione i beni ricevuti in donazione o in eredità oppure quelli ricevuti a titolo di risarcimento danni. Al momento della separazione legale, il regime decade e ogni bene può essere distribuito in parti uguali fra i coniugi, incluse le passività come i debiti. La separazione dei beni, invece, è il regime patrimoniale che consente di rimanere titolare dei propri beni. Questo è molto utile per ridurre le controversie in caso di crisi familiare, dal momento che il patrimonio risulta già diviso.

In caso di crisi coniugale, la strada più opportuna è richiedere una consulenza a un avvocato divorzista in grado di illustrare le possibili conseguenze della separazione e del divorzio. Infatti, oltre, alla comunione o separazione diretta che incidono sul passaggio patrimoniale ai figli, esistono anche delle strade alternative da percorrere, che riguardano principalmente l’intestazione di beni immobili o altri diritti reali ai figli. Tale richiesta di trasferimento viene scritta nel verbale dell’udienza di separazione o divorzio. In generale, l’avvocato ha il compito di chiarire agli assistiti il potere e i limiti dell’azione di divorzio nel contesto delle divisioni patrimoniali. In sede di divorzio, infatti, il giudice si limita ad assegnare la casa coniugale e a stabilire le modalità di un eventuale assegno di mantenimento, ma non entra nel merito di questioni riguardanti l’assetto patrimoniale dei due coniugi.

Trasferimenti di titoli e liquidità

In caso di trasferimenti di titoli, liquidità o per quanto riguarda la titolarità di un’impresa familiare, entrano in gioco altri fattori. Il trasferimento di titoli deve essere validato da un atto pubblico davanti a un notaio, fatta eccezione delle donazioni dirette di “modico valore”. Se invece si devono trasferire denari liquidi, è bene seguire una procedura tracciata a causa della normativa antiriciclaggio.

L’impresa familiare

L’impresa familiare è definita come l’attività in cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado dell’imprenditore. La natura giuridica dell’impresa familiare è necessaria per riconoscere ai familiari collaboratori vari diritti: diritto agli utili e agli incrementi, al mantenimento, diritto di prelazione in caso di trasferimento dell’azienda o divisione ereditaria.

Con il divorzio vengono meno i rapporti patrimoniali fra i coniugi e di conseguenza anche l’impresa familiare. Il coniuge che si sgancia dall’impresa familiare ha diritto alla liquidazione della quota, pagamento che può avvenire in più annualità stabilite dal giudice, in mancanza di accordo. È bene ricordare che il dovere di liquidare la quota grava soltanto sul titolare dell’impresa e non sugli altri familiari partecipanti. Nella liquidazione della quota rientrano utili e incrementi determinati in base alla quantità e alla quantità del lavoro prestato.

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